LABARBABIETOLA

portale di informazione in Umbria

11

maggio 2014

OPENING MOSTRE A PALAZZO COLLICOLA

Spoleto

Occhiello

Opening a Palazzo Collicola Arti Visive. Sabato 12 aprile alle ore 15 nuova inaugurazione delle mostre curate da Gianluca Marziani dal titolo “TERRITORIO Storie di artisti umbri”.

Tre gli artisti che esporranno le proprie opere nelle sale e negli spazi di Palazzo Collicola fino al 25 maggio 2014: Franco Troiani con Im/perfetto Equilibrio, Luigi Manciocco con Liturgia dello sguardo e Emilio Leofreddi con Nomadelica.

FRANCO TROIANI
IM/PERFETTO EQUILIBRIO a cura di Gianluca Marziani
Non esiste antinomia tra astrazione e figurazione… ci sono artisti che lo ribadiscono in silenzio, attraverso i codici di una ricerca metodica, coerente, prolungata nel tempo come un’ombra dinamica del proprio essere. Partirei da qui per raccontare il viaggio artistico di Franco Troiani, da un filo invisibile che connette oltre quarant’anni di produzione visiva. Un filo che legge il mondo nella sua coscienza pittorica, stabilendo uno strategico superamento della dicotomia figurazione/astrazione. Per l’artista spoletino non esiste invenzione nel linguaggio visivo, tutto già appartiene al Pianeta e alla memoria di una continua presenza. Le cose sono disponibili in natura, si tratta solo di intuirne il simbolo, recepire la metafora e plasmarne l’anima pittorica, sempre sulla misura concettuale del singolo progetto. Troiani ribadisce così l’impossibilità di procedere per astrattismi: perché ciò che appare denota una radice concreta, una provenienza che attende lo spostamento, un passaggio metabolico dal piano reale a quello iconografico. Qualsiasi ipotesi figurativa trova un rimando nella natura, una radice nell’arte del passato, un legame con l’esistente nella sua molteplicità semantica. La materia del mondo si trasforma in un viaggio dei sensi, il colore diventa lirico ed emozionale, le geometrie evocano archetipi di necessario riferimento.
La prima retrospettiva su Troiani ha il sapore di un progetto al presente, dove ogni opera partecipa come singola nota sulla scala polifonica dell’installazione globale. Le sale di Palazzo Collicola si trasformano in una sorta di unico grande lavoro che agisce per frammenti temporali, materici e tematici. Ogni pezzo prescelto è per l’artista una battaglia, una sfida morale che si oppone allo scempio della decadenza storica. L’opera crea così una distanza dalla cronaca attraverso la sintesi della sua forma mentale. Per Troiani non esiste citazione ma recupero metabolico, una visuale inclusiva che considera il passato nella sua fluidità al presente, senza sganci epocali, esercitando il dialogo e la partecipazione. L’arte torna a essere una polis evoluta, luogo ideale dello scambio reale, agorà del continuo futuro per intuire le distonie e immaginare nuovi margini di crescita.
La prima sezione della mostra comprende alcune sperimentazioni dei primi anni ’70. Sono pitture dinamiche di matrice futurista, diverse tra loro per approccio tematico, accomunate da una densità drammaturgica, da un tenore notturno, da un furia compressa che ricrea un naturalismo anomalo. Tra le opere giovanili vedrete anche alcuni disegni e bozzetti per piccole pitture e sculture antropomorfe.
La seconda sezione parte nel 1977 e termina nel 1984: ancora con una pittura di matrice futurista ma con tematiche che toccano la religione e il sociale, secondo parametri iconografici che ormai caratterizzano l’approccio di Troiani. E’ anche il periodo in cui l’autore realizza numerose pitture murali in varie parti d’Italia, confermando la sua vocazione per lo spazio collettivo, per un accesso relazionale all’opera e al contesto d’appartenenza. L’opera come geografia di riflessione collettiva.
La terza sezione, che va dal 1985 al 1996, presenta pitture e sculture aniconiche in cui l’artista recupera geometrie ancestrali, codici arcaici, simbologie alchemiche. Un ritorno alla materia e agli elementi naturali, una felice opposizione al mondo virtuale tramite sapienti gestioni estetiche. La sezione comprende anche un nutrito corpus di lavori su carta, materiale che Troiani ha sempre gestito con cura speciale, considerandola un passaggio necessario, una sintesi degli attriti, un mondo autonomo.
La quarta sezione va dal 1997 al 2004: vedremo opere su tavola quasi monocrome ma con evidenti composizioni architettoniche, rarefatte nel loro apparire, condotte verso l’ideale della forma archetipica. E’ la perfetta corrispondenza di astrazione e figurazione, un combaciare che elimina ogni antinomia ed elabora l’ideale iconografico, il punto di fusione tra radice e veggenza.
La quinta sezione mescola linguaggi e temi, inserendo lavori fotografici e altre sorprese. A questa sezione si lega anche l’installazione presso il San Carlo dal titolo “…come Zattera della Medusa”. Nata da disegni e fotografie del terremoto Umbria-Marche 1997, vuole essere una denuncia al sistema politico ma anche una riflessione sulla condizione umana, dalla paura ancestrale al bisogno di equilibrio per una vita migliore…

Franco Troiani nasce a Spoleto, luogo dove vive e lavora.
Ai primi anni Settanta risalgono le personali d’esordio: Terni (Palazzo Comunale), Spoleto, Perugia (Palazzo dei Priori) e Roma (Palazzo Spinola) tracciano le coordinate del suo inizio e indicano le direttrici del suo futuro. L’apertura di uno studio a Spoleto gli permette di vivere, soprattutto nel periodo del Festival, il fermento culturale che animerà la città come crocevia del talento interdisciplinare. Seguono anni in cui il suo lavoro s’ispira alle ambientazioni teatrali, anni in cui esegue pitture murali in varie parti d’Italia. Dal 1985 inizia una nuova linea di ricerca che esplode nel 1986, quando la tragedia di Chernobyl aumenta la sua coscienza esistenziale e ambientale. Sempre nel 1986 crea STUDIOARTE’87 (poi STUDIO A’87), un luogo mentale dove fare arte come atto propositivo, forma di educazione e disciplina associativa. Nel 1988 è artefice e cofondatore (assieme all’architetto Giuliano Macchia, altra figura fondamentale nella cultura spoletina) dell’associazione “Amici del Museo Centro Arte Contemporanea Spoleto”, creata per la promozione dei giovani e delle arti in genere. Nel 1988 viene invitato al “14° Internationalen Pleinairs, Fachschule fur Werbung und Gestaltung” di Potsdam, prima apertura agli artisti occidentali nel segno della Glasnost’, esperienza significativa anche sotto l’aspetto antropologico e politico, ripetuta nell’agosto 1989 e poi nel 1990. Negli spazi del suo nuovo studio, l’ex chiesa di S. Carlo, o in altri luoghi istituzionali, continua a proporre numerose iniziative connesse all’arte contemporanea. Nel tempo il suo linguaggio diviene più autonomo, sperimenta formule contaminate, si dedica con maggior frequenza all’uso della fotografia e alla progettazione di libri d’artista. Negli anni Novanta realizza in Umbria diverse opere murali (wall drawing): nel 1994 all’Albornoz Palace Hotel a Spoleto, l’anno successivo presso l’Artèhotel a Perugia. Cura nel 1997 la prima uscita dell’itinerario d’arte “Viaggiatori sulla Flaminia”, giunto oggi all’ottava edizione. Nel 2002 lavora alla Biennale del libro d’artista “LiberolibrodArtistalibero”, progetto che crescerà nel tempo grazie all’organizzazione di Viaindustriae e alla cura di Emanuele De Donno che ha traghettato il progetto fino al traguardo della settima edizione. Tra i lavori più recenti ricordiamo il wall drawing eseguito nel 2004 presso la chiesa di S. Carlo a Spoleto, liberamente ispirato al “Cristo tra le croci” di Lelio Orsi, visionario manierista del ’500; infine, nel 2006, le pitture murali nei trentasei box del parcheggio multipiano Spoletosfera, composte su incarico del progettista Giuliano Macchia. 
Con la mostra Azioni e Rivelazioni, curata nel 2010 da Gianluca Marziani, una sua opera del 1988 entra nella collezione permanente di Palazzo Collicola Arti Visive. Nel 2011 ha partecipato alla sezione regionale (Padiglione Umbria) della Biennale Internazionale d’Arte di Venezia. Nel 2012 è stato uno degli artisti selezionati da Marziani per +50, la grande kermesse spoletina dedicata alla scultura contemporanea.
Per l’occasione verrà editato un catalogo a cura di Emanuele De Donno, edito da VIaindustriae.
Un piccolo libro pensato come costruttivo contraddittorio, un percorso d’immagini alternato da testi “contro” l’artista. E’ la conferma di un’attitudine dialettica che spesso manca nei resoconti critici, una sfida intelligente che l’artista considera vitale per il confronto, per l’esercizio del pensiero e la dimensione aperta del progetto.

EMILIO LEOFREDDI
NOMADELICA a cura di Gianluca Marziani
In collaborazione con FONDAZIONE SANTO LICO
Il foglio bianco, destino di ogni visione originaria, geografia d’accoglienza che ospita la permanenza della radice, dell’idea come genesi e fondamenta “abitabili”. Quella cellulosa rettangolare è la madre del fattore artistico, il pianeta generativo in cui l’espressione coglie l’inizio, il prologo determinante, la luce del primo chiarore. Un foglio che è anche decisione autonoma, grammatica dalle frequenze proprie e dai codici endogeni. La carta bianca registra lo spirito dei tempi, le attitudini individuali, i caratteri diffusi. La sua maneggevolezza entra nel cuore dell’idea, raccordando il prima e il dopo nel suo limbo sospeso ed elegante. Un materiale che diviene linguaggio e codice, dividendosi tra la natura “fragile” dell’appunto e il destino “resistente” della pittura.
Emilio Leofreddi e il foglio bianco si appartengono da sempre, quantomeno dal primo viaggio adulto dopo l’epoca scolastica, quando l’artista ha intrapreso la propria avventura indiana: due anni in giro nel subcontinente per affinare le coordinate del fatidico passaporto interiore. Da quel momento possiamo parlare di doppia anima, divisa tra Occidente e India, tra la coscienza elettiva e la geografia inseguita. Una compenetrazione tra due realtà antropologiche, messe in dialogo con il passo sospeso dell’occhio poetico, del vagabondo sensibile che coglie il destino umano e la comune fatica, le tensioni del corpo e le aperture dello spirito.
Lunghi periodi indiani hanno rilasciato energie in modo prolungato, così come la radice occidentale rilascia di continuo le sue alchimie specifiche. Leofreddi, a differenza di altri artisti, non ha mai diviso nettamente l’esperienza orientale da quella europea. Ha sempre incrociato le visuali e amalgamato il rilascio alchemico, lavorando sulla sinestesia del suo immaginario polifonico. Piani, livelli e formule si mescolano fluidamente, senza spigoli iconografici, senza tensioni nodose. Tutto scorre, come direbbe qualcuno. Tutto torna, come direbbe chiunque creda nell’armonia conquistabile.
L’Italia è il luogo di provenienza genetica: Leofreddi non dimentica mai da dove arriva, i suoi codici e segni mnemonici rimangono italiani, figli di una visuale che si definisce negli anni Sessanta, attorno ad autori come Alighiero Boetti, Mario Schifano, Tano Festa, Franco Angeli… similmente a loro mantiene lo spirito nomade del segno liberatorio, la fluida morbidezza dell’appunto impressivo, e come loro scruta il paesaggio urbano nei suoi spunti semantici, il cortocircuito tra antico e contemporaneo, le distanze e vicinanze tra nuovo e vecchio mondo. L’India è il luogo di congiunzione culturale: Leofreddi non dimentica le proprie origini ma non limita il piano geografico delle radici in età adulta. La sua patria inseguita plana sul subcontinente indiano, nel Paese in cui la spiritualità definisce l’apparato umano e il gene collettivo. Qui l’artista ha trovato un completamento, che nulla condivide con la ricerca freak di un centro o altre robe da retorica hippie. Completarsi significa aggiungere la parte mancante, il punto di congiunzione tra sguardo e mondo; un’aggiunta che riguarda la personale prospettiva sul mondo, segno di un destino esistenziale, di una condizione umana che Leofreddi si portava già dentro.
L’intero corpus dei disegni si presenta oggi nella sua natura olistica, come una galassia di pianeti tra loro diversi, accomunati da un volume circolare (nel caso dei disegni da un foglio rettangolare) e da una compresenza di elementi chimici (nel caso dei disegni da molteplici spunti figurativi). Li attraversa la scrittura che dichiara autore e titolo: senza però il tono del narcisismo, al contrario con un segno sottile e rapido, quasi dissolto nel deserto del bianco.
Completa la mostra una serie di nuove opere, in linea con le carte appena descritte, realizzate per gli spazi di Palazzo Collicola Arti Visive. In una terza sala, infine, Leofreddi ha selezionato alcuni lavori storici. Si tratta delle tende indiane, ovvero, tecniche miste (stampa fotografica, pittura e disegno) su teloni indiani cuciti a Goa. La scelta della tenda nasce dalla sua struttura materica (canapa ricoperta di cera) e dall’essere un materiale povero, utilizzato dai nomadi locali come abitazione oppure nei cantieri stradali come magazzino per i materiali; la tenda allo stesso tempo è percepita come sinonimo di movimento, rifugio e comunità. Tutti questi caratteri rispecchiano la visione olistica di Leofreddi, il suo approccio a una figurazione meticcia e diaristica, la sua natura nomade e il suo spirito etico.

Emilio Leofreddi è nato nel 1958, vive e lavora a Roma.
Nei primi anni ’90 progetta installazioni con video e performance su temi politici e sociali.
 Del 1992 è la sua prima installazione, “Balene”, patrocinata da Greenpeace e finanziata da Mario Schifano. Del 1993 l’opera “Contact” contro la pena di morte, patrocinata da Amnesty International e Nessuno tocchi Caino.
 Nel 1999 ha co-fondato a Roma lo studio d’arte collettivo Ice Badile Studio. Sempre nel 1999 espone la sua personale “Human being” al M.O.C.A. di Washington D.C.. Nel 2004 inizia a lavorare sul viaggio come opera d’arte e sul diario di viaggio da realizzare su tappeti tibetani e tende indiane. Prende forma il progetto “Dreams” che lo riporterà, dopo anni, a rivivere in India. Le opere saranno poi esposte in Italia, ad Art Basel Miami (USA) e nel 2007 alla Xa Biennale del Cairo (Egitto), dove riceve il Premio della Critica. Nel 2009 espone al Vittoriano di Roma l’installazione “Il respiro del mondo”, realizzata con le tende indiane cucite a Goa. 
Numerose le mostre personali e collettive in Italia e all’estero, tra Inghilterra, Stati Uniti, Germania, India e Cina. Alcune sue opere video hanno partecipato a festival di cinema e rassegne di videoarte. Alcuni suoi lavori fanno parte di collezioni pubbliche e private, sia nazionali che internazionali.
 I video “Contact” e “Im – Media” sono stati acquisiti dall’Archivio Video del Palazzo delle Esposizioni di Roma.

LUIGI MANCIOCCO
LITURGIA DELLO SGUARDO a cura di Gianluca Marziani
Conduciamo lo sguardo in una stanza priva di rumori e inquinamento visivo. Su una parete ci attira a distanza un puntino rosso che stilla liquido color sangue, come una piccola ferita nel bianco, al centro di una piccola superficie che mostra la sua felice imperfezione, la macchia dentro l’assoluto, la salvezza del corpo di fronte alla “presunzione” dell’anima. Quell’opera ci osserva come un ciclope della coscienza collettiva, emana la forza esoterica dei moloch interrogativi. Sembra l’attesa dell’eterno che si rinnova nell’umanità ferita, nel destino di una sofferenza condivisa, nella sua attitudine per un futuro anteriore e liberatorio.
Personaggio silenzioso e paziente, legato al percorso lento e al relativo progetto, concentrato sulla capienza concettuale della singola opera. Per Luigi Manciocco il progettare – inteso come viaggio iniziatico – si definisce dentro l’unicum della forma, dentro una struttura compatta e sintetica che racchiude passaggi ed esiti del viaggio artistico. L’icona come un archetipo dal cuore resistente e dal cervello complesso, una sapiente alchimia d’ingredienti ben amalgamati. Un approdo iconografico che possiede l’energia di un’isola vulcanica, di uno spazio concluso che alimenta la propria forza con virtù endogena, tenendo un occhio sul mondo esterno e un altro sul ritmo incessante dell’universo interiore.
Il bianco di Manciocco è simbolo di alto valore immateriale: traccia in apparenza neutra, campitura d’accoglienza privilegiata per qualsiasi densità cromatica, luogo/nonluogo che incarna il valore contrario di ogni pienezza e assuefazione, eccolo dimostrare la sua generosità fagocitante, la capacità di metabolizzare l’esterno nel mare calmo del colore assoluto. Il bianco, in tal senso, diventa padrone dell’immateriale, assume la voce impalpabile del maestro, della guida che non giudica e accoglie qualsiasi differenza. Non era facile, ad esempio, citare Yves Klein per creare un lavoro autonomo che parlasse di valore immateriale, lo stesso valore che piaceva al francese quando vendeva zone di sensibilità pittorica immateriale. EX VOTO di Manciocco parte da una storia vera che legava Klein a Santa Rita, protettrice dei casi disperati e impossibili. Un legame tra spirito e territorio che oggi, a distanza di tempo ma non di spazio, ha preso la forma di un video in tre parti: una con gli occhi di Klein, una con gli occhi della Santa, una con gli occhi di Dino Buzzati. Occhi che non giudicano ma osservano chi sta esercitando lo sguardo. Ridestano i nostri sensi verso una sinestesia che il trittico rappresenta per sintesi e armonia: l’arte visiva di Klein, la scrittura di Buzzati e il misticismo di Santa Rita, tre condizioni che assieme si completano, riportando la memoria ad un ex voto che Klein fece alla Santa, dove pigmenti e oro davano forma al dialogo tra corpo e anima.
Gli occhi che fissano hanno la stessa radice immateriale del bianco. Il loro sguardo diventa un metabolizzatore di forme, similmente al bianco che digerisce gli altri colori dentro il suo oceano fagocitante. Lo sguardo assimila, ingloba e germina in un processo virtuoso di forma e memoria; così il bianco che compie un identico processo metabolico, trasformando la radice del colore in un’esperienza sensibile. Lo sguardo bianco rappresenta bene l’attitudine resistente di Manciocco, la sua levità sospesa ma densa, il saper guardare “oltre” mentre si sta “dentro”. Lo sguardo bianco pedina il lato sospeso della vita, l’apnea della bellezza, i fossili del presente. E’ un ciclope che cerca il senso del margine, il camminamento sul bordo, restando sotto i livelli di guardia, dove il rumore decresce e il suono ritrova la sua natura primigenia.
Luigi Manciocco definisce la sua poetica tra i margini dello sguardo (l’occhio) e della superficie (il bianco): qui dentro, rimanendo integro nel rigore progettuale, elabora strategie in forma di opera unica dal carattere polifonico. I suoi interventi prendono il volume dell’installazione scultorea, del quadro o del video, ogni volta secondo un unicum progettuale, una strategia che concentri il massimo carico energetico dentro il singolo linguaggio. Per l’artista i linguaggi visivi sono strumenti sensibili da calibrare con misurazione sartoriale, devono plasmarsi attorno all’idea restando un’essenza, uno scheletro primario e funzionale. Sarà sempre l’idea a definire la misurazione linguistica, un tema portante che darà ordini di approccio e soluzione al linguaggio.
Al candore apparente del bianco corrispondono messaggi che contengono la discrepanza del rosso violento, del nero abissale, dei marroni tenebrosi, del grigio asfissiante… perché le tematiche di Manciocco, macroscopiche e universali, non accarezzano il mondo reale ma lo affrontano con determinazione zen (concentrazione e calma ma anche la prontezza per assestare il colpo risolutivo), vogliono il conflitto interno, la battaglia ad armi pari sul campo morbido della metafora.
Sul filo che connette l’Artista e l’Antropologo, Luigi Manciocco inizia, alla fine degli anni Ottanta, due ricerche parallele: una sulle scienze antropologiche, l’altra nel campo della sperimentazione con environment e installazioni sulla poetica del bianco. All’interno di un sistema di comunicazione allargata, la sensibilità dell’artista sconfina nelle geografie dello spirito e della materia: la sua è una pittura-oggetto, una “shape on canvases”, sorta di attraversamento nei domini della scultura che ha dato modo a Lidia Reghini di Pontremoli di inserire l’artista nel saggio Primitivi urbani. Antropologia dell’arte presente (Roma, 1998). Negli anni Novanta Manciocco compie diversi viaggi negli Stati Uniti, dove tiene una personale all’Atlantic Gallery dal titolo “Inchoo – To begin” (1990). In seguito partecipa a mostre progettuali tra New York, San Francisco e Ithaca. Accanto a Grazia Chiesa di D’Ars Agency, conosce diversi personaggi dell’arte contemporanea americana: tra questi Margot Poroner Palmer che poi gli affiderà la redazione romana di “Artspeak”. Gli incontri e le interviste sono poi state pubblicate sulla Rivista d’Arte Contemporanea NEXT. Sempre negli anni Novanta collabora e scrive articoli critici sulla rivista D’ARS sotto la direzione di Pierre Restany. Attualmente collabora con la rivista ZETA dell’Editore Campanotto di Udine.
Numerose le mostre personali, le collettive tematiche, gli eventi trasversali, le rassegne e le fiere a cui Manciocco ha partecipato dagli anni Ottanta ad oggi.

Oggi in edicola

31

08/2020

I RISULTATI DELLA 63a EDIZIONE

Spoleto

Concerti

Ridotta drasticamente nei giorni e nelle rappresentazioni a causa dell’emergenza sanitaria, questa edizione speciale è stata pensata e realizzata su misura per garantire la sicurezza dei lavoratori, d ... segue

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08/2020

A Luca Zingaretti il Premio Monini 2020

Spoleto

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08/2020

TREVI ... QUASI INCANTO IL VIATOR L'ESTIMA

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A settembre vengono proposte ai cittadini di Trevi e ai turisti una serie di visite inconsuete dal titolo Trevi … quasi incanto il viator l’estima. Questa nuova iniziativa è curata da Carlo Roberto P ... segue

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08/2020

FESTIVAL DI SPOLETO: IL SALUTO DI GIORGIO FERRARA

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I risultati sono sotto gli occhi di tutti, merito prima di tutto della mia straordinaria squadra di collaboratori, delle maestranze, dei tantissimi artisti nazionali e internazionali, del pubblico sem ... segue

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04/2020

IL CARTELLONE DELLA 63ma EDIZIONE DEL FESTIVAL DI SPOLETO E' PRONTO

Spoleto

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Una messa in scena imponente, come sempre in Piazza Duomo, con la rilettura dell'Orfeo di Monteverdi composta da Luciano Berio nell'84, oggi ricreata da Pier Luigi Pizzi, che al tempo ne curò la regia ... segue

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02/2020

LIBRI AL MUSEO DI TREVI

Trevi

Libri e editoria

Domenica 8 marzo 2020, ore 17, nella Sala dello Spagna del Museo di Trevi, verrà presentato il libro di Lorella Natalizi “Racconti per Cristina”, edito da Il Seme Bianco nella collana Gelsomino. La pr ... segue

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02/2020

AL MUSEO DI TREVI SI PARLA DI FILOSOFIA

Trevi

Libri e editoria

Introdurrà Carlo Roberto Petrini, Storico dell’Arte, Museo di Trevi, al quale si deve l’iniziativa di Libri al Museo, in collaborazione con Francesca Lovelock della Amministrazione del Comune di Trevi ... segue

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02/2020

IL NUOVO ROMANZO DI FABIO BUSSOTTI L'AMICO DI KEATS

Trevi

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Sabato 15 febbraio 2020, ore 17, nella Sala dello Spagna del Museo di Trevi, prende il via “Libri al Museo”, edizione 2020. Verrà presentato il nuovo romanzo di Fabio Bussotti, L’amico di Keats, edit ... segue

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I RISULTATI DELLA 63a EDIZIONE

Spoleto e 31/08/2020
Ridotta drasticamente nei giorni e nelle rappresentazioni a causa dell’emergenza sanitaria, questa edizione speciale è stata pensata e realizzata su misura per garantire la sicurezza dei lavoratori, degli artisti e del pubblico, oltre che, naturalmente, la qualità artistica e l’eccellenza che contraddistinguono la manifestazione.
Il Festival ha presentato otto spettacoli con artisti italiani di rilievo internazionale: fra gli altri, Roberto Abbado, Andrea Battistoni, Monica Bellucci, Roberto Capucci, Silvia Colasanti, Emma Dante, Ottavio Dantone, Rosa Feola, Isabella Ferrari, Riccardo Muti, Pier Luigi Pizzi, Beatrice Rana, Luca Zingaretti.
Il pubblico ha partecipato numeroso nei due simbolici luoghi del Festival scelti per le rappresentazioni all’aperto di questa edizione: Piazza Duomo e il Teatro Romano.
In Piazza Duomo la capienza autorizzata nel primo fine settimana è stata di 620 posti, mentre al Teatro Romano è stata di 280. Capienze che sono aumentate nel secondo fine settimana con l’autorizzazione fino a 1000 posti per il Concerto finale in Piazza Duomo e 320 posti per gli spettacoli al Teatro Romano.
Sono stati emessi 3.796 biglietti per un incasso totale delle otto serate di 223.294 euro.
Quest’anno il Festival ha offerto al pubblico da casa la possibilità di assistere ad alcuni degli spettacoli in diretta streaming su festivaldispoleto.com, repubblica.it e italiafestival.tv.
Sono state 51.185 le visualizzazioni degli spettacoli in streaming, alle quali si aggiungeranno quelle del concerto finale.
I media hanno dedicato al Festival grande attenzione. Dall’1 gennaio al 30 agosto 2020 le uscite totali stampa e web sono state 2.662 (uscite stampa 636 - uscite web 2026), mentre i passaggi radio e su TV nazionali sono stati 59 (passaggi TV 44 - passaggi radio 15).
Sui social della manifestazione sono state 4.106.606 le impression della pagina Facebook, 58.124 le visualizzazioni Tweet e 350.206 le impression dei contenuti Instagram.


A Luca Zingaretti il Premio Monini 2020

Spoleto e 30/08/2020
Luca Zingaretti ha ricevuto oggi alle 17.30 a casa Menotti dalle mani di Maria Flora Monini il Premio “Una finestra sui Due Mondi”, l’11° della serie da quando il Premio fu istituito nel 2010 dalla famiglia spoletina dell’olio extra vergine.

“Presente al Festival dei Due Mondi nelle vesti di interprete, regista e drammaturgo, con lo spettacolo La sirena, il riconoscimento va alla sua versatilità, alla sua bravura interpretativa, al suo carisma”- si legge nelle motivazioni della giuria, presieduta dal Direttore del Festival Giorgio Ferrara e composta dal Sindaco di Spoleto e Presidente della Fondazione Festival dei Due Mondi, Umberto De Augustinis, e dai promotori del premio, Maria Flora e Zefferino Monini.

“Attore italiano tra i più amati, - continuano le motivazioni ufficiali - dopo aver esordito nei primi anni ottanta come attore di teatro con i registi Ronconi, Mattolini e Sequi, Luca Zingaretti ha continuato ad alternare alla carriera teatrale quella cinematografica e televisiva, raggiungendo grandissimo successo di pubblico e critica. Oltre ad aver preso parte al cast di numerosi film di successo, ha saputo interpretare con sicura tecnica recitativa ruoli molto impegnati sia per il cinema che per la televisione, prestando il volto a personaggi realmente esistiti, da Pietro Nenni a Giorgio Perlasca, da Paolo Borsellino ad Adriano Olivetti, fino a Don Pino Puglisi”.

La cerimonia, causa Covid, si è svolta in forma strettamente privata sulla storica terrazza di Casa Menotti che conserva tutti gli arredi originali del salotto del Maestro che qui riceveva e teneva i suoi celebri aperitivi con le tante star internazionali del Festival da lui creato. Come vuole la tradizione, Luca Zingaretti si è affacciato alla finestra di Casa Menotti per la foto di rito e il suo ritratto andrà ad arricchire la galleria di grandi protagonisti dello spettacolo emuli del saluto affettuoso che Menotti riservava al pubblico su Piazza del Duomo.

“Ritorno a Spoleto con grande piacere dopo 38 anni, quando giunsi al Festival con l’Accademia Silvio D’Amico appena terminato il mio anno di servizio militare e allora l’atmosfera del Festival mi aveva ridato gioia ed entusiasmo, la ricordo come una vera rinascita. Lo è tuttora, ritornando a Spoleto nelle vesti che mi sono più congeniali, da attore di teatro perché solo il teatro può dare carica e indescrivibile energia ad un attore” ha commentato Luca Zingaretti.

“Ammiro molto Zingaretti per tutto il suo percorso professionale soprattutto teatrale e per l’intensità con cui ha saputo rendere la figura di grandi imprenditori e protagonisti della nostra storia. Naturalmente amo moltissimo anche il “suo” commissario Montalbano ed è stata una grande emozione vederlo affacciarsi per una volta da una finestra su Spoleto anziché dalla famosa verandina di Marinella” ha commentato Maria Flora Monini. “Il suo volto non poteva mancare nella galleria dei “Ritratti alla Finestra”, realizzati in occasione del Premio dal 2010 e oggi in mostra a Casa Menotti”.

Nella stessa serata, alle 18.00, sempre a Casa Menotti, è stato assegnato anche il Premio Speciale giovani “Una Finestra sui Due Mondi” che ha premiato la soprano casertana Rosa Feola, al Festival come interprete del Concerto finale in Piazza Duomo, diretta dal Maestro Riccardo Muti e al fianco dell’Orchestra Giovanile Luigi Cherubini.

Il riconoscimento a Rosa Feola, si legge nelle motivazioni “va alla sua determinazione, alle sue eccellenti capacità tecniche e alle sue spiccate doti espressive che la rendono una ambasciatrice nel mondo del più amato patrimonio operistico italiano. Giovane talento, ma già stella internazionale della lirica, il soprano di origini campane Rosa Feola fa già parlare di sé in tutto il mondo. Conquistatasi l’attenzione internazionale vincendo il Concorso Operalia 2010 presieduto da Placido Domingo, tenutosi alla Scala di Milano, sta collezionando importanti successi ed entusiastici consensi di pubblico e di critica. La contraddistinguono eleganza scenica e una voce perfetta nell’incarnare sia le figure più brillanti del melodramma, che quelle tragiche. Le sue doti interpretative sono senza dubbio costruite nella perfezione grazie a uno studio serio, costante e approfondito nel tempo. Diretta dai più importanti maestri e registi, ha al suo attivo partecipazioni con le orchestre più prestigiose. L’attività internazionale la vede prendere parte a produzioni nei teatri di Zurigo, Monaco, Pechino, Salisburgo, Chicago, New York, Washington, Barcellona, Berlino, Londra, Madrid”.

Anche Rosa Feola ha posato per l’immancabile Ritratto alla finestra e Maria Flora Monini ha voluto ricordare le motivazioni di questo particolare riconoscimento: “Il Premio Speciale giovani vuole offrire una ribalta a talenti già di grande levatura artistica, favorendone l’affermazione e incoraggiandone la crescita professionale. Rosa Feola riceve oggi il nostro Premio non solo per le sue grandi doti, ma come simbolo della grande scuola italiana operistico-musicale”.



11 anni di premi

L’assegnazione a Casa Menotti dei Premi Monini “Una finestra sui Due Mondi” è entrata ormai a far parte integrante del programma del Festival di Spoleto a cui l’azienda umbra dell’olio extra vergine è vicina da sempre.

Il 63mo Festival dei Due Mondi segna l’11mo anniversario del Premio. Fortemente voluto dalla famiglia Monini, il premio è stato istituito nel 2010 dopo che la Fondazione Monini, presieduta da Maria Flora Monini, aveva acquistato la casa del Maestro Giancarlo Menotti, fondatore del Festival di Spoleto.

Proprio alla finestra di Casa Menotti il Maestro si affacciava per salutare il pubblico dei 2Mondi insieme ai grandi artisti ospiti del Festival.

La Fondazione Monini ha recuperato la casa per realizzarvi un museo e un centro di documentazione sul Festival, mentre la famiglia Monini ha voluto riportare in vita la tradizione di quel saluto, mai dimenticata, della kermesse spoletina.

Così ogni anno vengono assegnati da Maria Flora e Zefferino Monini il Premio “Una Finestra sui Due Mondi” a un big del Festival e il Premio Speciale “Una Finestra sui Due Mondi” a una giovane leva pronta a trasformarsi in superstar: per tradizione i vincitori vengono ritratti, subito dopo la cerimonia di premiazione, alla finestra di Casa Menotti, immortalati da uno scatto fotografico.

Il primo vincitore di “Una Finestra sui Due Mondi” fu John Malkovich nel 2010, affiancato dal Premio ad honorem alla grandissima Adriana Asti. Da allora la statuetta, che raffigura in forma stilizzata proprio la finestra di Casa Menotti, è stata consegnata a superstar internazionali del calibro di Michail Baryšnikov, Willem Dafoe e Tim Robbins, all’attore Claudio Santamaria, alla musa degli esistenzialisti Juliette Gréco, a grandi attrici del nostro cinema come Alba Rohrwacher o internazionali come Victoria Thierrée Chaplin, figlia del grande Charlie. Il premio del decennale è stato assegnato l’anno scorso a Stefano Bollani che ha regalato agli ospiti un’improvvisazione pianistica jazz allo Steinway del 1956 che fu di Giancarlo Menotti.

I premi “speciale giovani” sono stati nell’ordine il soprano slovacco Adriana Kučerová, la voce bianca Thomas Copeland, il compositore e pianista Matthew Aucoin, l’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica “Silvio d’Amico”, il danzatore Shizen Kazama, la soprano Emily D’Angelo, il violoncellista Santiago Canón, il tenore Brian Michael Moore, la soprano Benedetta Torre e nel 2019 Pierre-Antoine Bardot, talento dell’École-Atelier Rudra Béjart di Losanna.

TREVI ... QUASI INCANTO IL VIATOR L'ESTIMA

Trevi e 30/08/2020
A settembre vengono proposte ai cittadini di Trevi e ai turisti una serie di visite inconsuete dal titolo Trevi … quasi incanto il viator l’estima. Questa nuova iniziativa è curata da Carlo Roberto Petrini e Federico Donnini, giovane storico dell’arte.
Raccontare la città, le sue piazze, biblioteche, vie, strade, ville, palazzi, chiese e monumenti e musei ai propri cittadini e turisti in maniera inconsueta, partendo da ciò che abitualmente non si vede, non si racconta nelle guide turistiche, come ad esempio il ruolo che hanno avuto le piazze nel corso della storia.
Sabato 5 settembre il debutto, con partenza alle ore 18 da piazza del Comune. Simonetta e Giuseppina Prosperi Valenti racconteranno il loro palazzo nobiliare. Sabato 19 settembre alle ore 18,30 Federico Donnini racconterà la Chiesa di Santa Croce in Piaggia di Trevi. Conclude la serie di visite guidate inconsuete, Carlo Roberto Petrini, il quale la sera del 26 settembre (ore 18,30) racconterà il Duomo di sant’Emiliano, la chiesa madre del territorio di Trevi. Si tratta insomma di guidare i visitatori, all'interno di un percorso cittadino che garantisca di far vivere esperienze, attraverso il patrimonio artistico culturale, gli antichi saperi artigiani o degustare le tipicità del luogo. Le singole visite sono state affidate a studiosi di prim’ordine. Prossimi appuntamenti ad ottobre.

FESTIVAL DI SPOLETO: IL SALUTO DI GIORGIO FERRARA

Spoleto e 29/08/2020
I risultati sono sotto gli occhi di tutti, merito prima di tutto della mia straordinaria squadra di collaboratori, delle maestranze, dei tantissimi artisti nazionali e internazionali, del pubblico sempre in crescita, dei sostenitori pubblici e privati, che mi hanno accompagnato in questi anni.

Per quanto riguarda me ho l’orgoglio di aver iniziato questa splendida avventura in un momento di grave declino della manifestazione e di essere riuscito con l’aiuto di tutti a riportarla in vita.

Con questo spirito passo il testimone alla signora Monique Veaute certo che dirigerà questo festival come nelle sue migliori tradizioni e spero con doti di esperienza e di resistenza. In bocca al lupo a lei e, aggiungo, a tutti noi alle soglie di un autunno che potrebbe non essere facile.

Giorgio Ferrara



TREVI ... QUASI INCANTO IL VIATOR L'ESTIMA

Trevi e 28/08/2020
A settembre vengono proposte ai cittadini di Trevi e ai turisti una serie di visite inconsuete dal titolo Trevi … quasi incanto il viator l’estima. Questa nuova iniziativa è curata da Carlo Roberto Petrini con la collaborazione di Federico Donnini, giovane Storico dell’Arte.
Raccontare la città, le sue piazze, biblioteche, vie, strade, ville, palazzi, chiese e monumenti e musei ai propri cittadini e turisti in maniera inconsueta, partendo da ciò che abitualmente non si vede, non si racconta nelle guide turistiche, come ad esempio il ruolo che hanno avuto le piazze nel corso della storia.
Sabato 5 settembre il debutto, con partenza alle ore 18 da piazza del Comune. Simonetta e Giuseppina Prosperi Valenti racconteranno il loro palazzo nobiliare. Sabato 19 settembre alle ore 18,30 Federico Donnini racconterà la Chiesa di Santa Croce in Piaggia di Trevi. Conclude la serie di visite guidate inconsuete, Carlo Roberto Petrini, il quale al Museo di Trevi la sera del 26 settembre (ore 18) racconterà l’arte della stampa al torchio. Si tratta insomma di guidare i visitatori, all'interno di un percorso cittadino che garantisca di far vivere esperienze, attraverso il patrimonio artistico culturale, gli antichi saperi artigiani o degustare le tipicità del luogo. Le singole visite sono state affidate a studiosi di prim’ordine. Prossimi appuntamenti ad ottobre.

IL CARTELLONE DELLA 63ma EDIZIONE DEL FESTIVAL DI SPOLETO E' PRONTO

Spoleto e 23/04/2020
Una messa in scena imponente, come sempre in Piazza Duomo, con la rilettura dell'Orfeo di Monteverdi composta da Luciano Berio nell'84, oggi ricreata da Pier Luigi Pizzi, che al tempo ne curò la regia nel cortile di Palazzo Pitti a Firenze. Aprirà così, almeno sulla carta, Spoleto63, il prossimo Festival dei due mondi, l'ultimo con la direzione di Giorgio Ferrara, atteso secondo programma dal 26 giugno al 12 luglio. Fra tre mesi. E mentre uno dopo l'altro tutti i grandi festival europei di primavera, da Cannes all'Eurovision Song Contest, posticipano o annullano le proprie date, a Spoleto si tiene duro e si spera davvero di farcela ad andare in scena. Il cartellone è pronto. Manca solo che il Paese, il mondo, possa uscire dal tunnel coronavirus.

"Abbiamo lavorato per offrire al pubblico diciassette giorni di grande spettacolo - racconta Giorgio Ferrara -. Il cartellone è pronto ed è mio desiderio comunicarlo, in questo momento di grande angoscia per l'Italia e il mondo intero. Spero possa contribuire a risollevare qualche animo e a dimostrare che lo spettacolo e la cultura non si fermeranno mai. Con l'auspicio che la città di Spoleto possa anche quest'anno aprire i suoi palcoscenici all'Arte in tutte le sue forme, è un piacere per me informare anche che tutti gli artisti e le compagnie previste continuano a esprimere la loro volontà di esserci". E allora, in attesa di buone notizie, a farla da padrone, come da tradizione, a Spoleto63 sarà la musica. Non solo con l'eclettica rivisitazione di Berio, che esplora l'Orfeo tra nuove interazioni sonore di plettri, bande di ottoni, rock band e suoni elettronici. Ma anche con il Melologo per orchestra, coro e voce recitante, tratto dalle Eroidi di Ovidio che il Festival ha commissionato a Silvia Colasanti. E poi The pilot and the ballerina, nuova opera del formidabile duo musicale statunitense delle CocoRosie, con le coreografie di Ira Anufrieva; e Ute Lemper e le Songs from the broken heart.

Grandi celebrazioni per i 250 anni dalla nascita di Beethoven, tra il concerto finale con James Conlon alla guida dell'Orchestra Giovanile Italiana nella Quinta e Settima Sinfonia; Le creature di Prometeo, tra sfilata e balletto, con l'Orchestra del Carlo Felice diretta da Andrea Battistoni e i costumi originali di Roberto Capucci; l'Eroica con John Neumeier e i 100 ballerini dell'Hamburg Ballet; e lo spettacolo Beethoven. La musica della vita per Corrado Augias e Giuseppe Fausto Modugno al pianoforte. Maestri e dive nella sezione Teatro, a partire da Monica Bellucci in Maria Callas. Lettres et mémoires, testo costruito sulle lettere scritte dalla soprano tra il 1946 e il 1977. Emma Dante porta in anteprima assoluta Pupo di zucchero, spettacolo ispirato alla lingua di Gianbattista Basile, con un vecchio che per sconfiggere la solitudine invita a cena i defunti della famiglia. Il regista lituano Rimas Tuminas torna invece a Spoleto per i trent'anni del The State Small Theatre of Vilnius, con due pièce di Anton Cechov, Tre sorelle, nel suo storico adattamento, e il monologo I danni del tabacco.

E ancora, Luca Zingaretti con La sirena da Giuseppe Tomasi di Lampedusa; Massimiliano Civica nell'omaggio a Massimo Troisi de La mosca e l'angelo; Amos Gitai sul tema della guerra in A letter to a friend in Gaza; Ferdinando Bruni e Francesco Frongia con The Laramie Project di Moises Kaufmann, sul caso dello studente Matthew Shepard brutalmente ucciso in Wyoming nel 1998 per dio omofonico; Romeo Castellucci con l'improvvisazione di Bros; Euridice Axen in Settimo senso da Ruggero Cappuccio; Luchino Giordana ed Ester Tatangelo, che dirigono Home, I'm darling di Laura Wade, testo vincitore del Laurence Olivier Award 2019 sul rapporto tra uomo e donna al ritmo di un jive. Per la danza, è in arrivo il San Francisco Ballet con From Balanchine to Occhipinti e l'opera tango Maria de Buenos Aires, su libretto di Horacio Ferrer e musica di Astor Piazzolla, con il Ballet de l'Opéra National du Rhin e La Grossa - Tipica Orchestra of the Maison de l'Argentine.

LIBRI AL MUSEO DI TREVI

Trevi e 28/02/2020
Domenica 8 marzo 2020, ore 17, nella Sala dello Spagna del Museo di Trevi, verrà presentato il libro di Lorella Natalizi “Racconti per Cristina”, edito da Il Seme Bianco nella collana Gelsomino. La presentazione cade nel giorno in cui si celebra la giornata internazionale della donna.
Introdurrà Carlo Roberto Petrini, Storico dell’Arte, Museo di Trevi, al quale si deve l’iniziativa di Libri al Museo, in collaborazione con Francesca Lovelock della Amministrazione del Comune di Trevi e la Società Sistema Museo. Interverrà per l’occasione Nerina Marzano, docente di lettere.
Racconti per Cristina: I personaggi che incontrerete negli undici racconti che compongono la raccolta "Racconti per Cristina" di Lorella Natalizi sono legati a doppio nodo con il lettore. Il tempo personale e quello narrativo li renderà complici tra le righe e gli spazi delle pagine. I personaggi, a tempo debito, daranno la chiave al lettore per permettergli di entrare negli squarci del vissuto. I protagonisti, con slancio generoso e genuino, non nasconderanno sogni, delusioni e piccolezze. Il lettore sentirà i loro sforzi, conoscerà la loro lingua, annuserà gli odori dei loro paesaggi e la profondità dei significati, rintracciati nelle linee o macchie di colore. Il lettore e i personaggi diventeranno un tutt'uno, sarà impossibile non riconoscersi nei momenti d'amore, nella paura, nei pregiudizi, nella speranza e nella consapevolezza che è impossibile chiudere gli occhi dinanzi al moto circolare della vita e alle sue drastiche cesure.

Libri al Museo di Trevi

Trevi e 28/02/2020
Domenica 8 marzo 2020, ore 17, nella Sala dello Spagna del Museo di Trevi, verrà presentato il libro di Lorella Natalizi “Racconti per Cristina”, edito da Il Seme Bianco nella collana Gelsomino. La presentazione cade nel giorno in cui si celebra la giornata internazionale della donna.
Introdurrà Carlo Roberto Petrini, Storico dell’Arte, Museo di Trevi, al quale si deve l’iniziativa di Libri al Museo, in collaborazione con Francesca Lovelock della Amministrazione del Comune di Trevi e la Società Sistema Museo.
Racconti per Cristina: I personaggi che incontrerete negli undici racconti che compongono la raccolta "Racconti per Cristina" di Lorella Natalizi sono legati a doppio nodo con il lettore. Il tempo personale e quello narrativo li renderà complici tra le righe e gli spazi delle pagine. I personaggi, a tempo debito, daranno la chiave al lettore per permettergli di entrare negli squarci del vissuto. I protagonisti, con slancio generoso e genuino, non nasconderanno sogni, delusioni e piccolezze. Il lettore sentirà i loro sforzi, conoscerà la loro lingua, annuserà gli odori dei loro paesaggi e la profondità dei significati, rintracciati nelle linee o macchie di colore. Il lettore e i personaggi diventeranno un tutt'uno, sarà impossibile non riconoscersi nei momenti d'amore, nella paura, nei pregiudizi, nella speranza e nella consapevolezza che è impossibile chiudere gli occhi dinanzi al moto circolare della vita e alle sue drastiche cesure.
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AL MUSEO DI TREVI SI PARLA DI FILOSOFIA

Trevi e 27/02/2020
Introdurrà Carlo Roberto Petrini, Storico dell’Arte, Museo di Trevi, al quale si deve l’iniziativa di Libri al Museo, in collaborazione con Francesca Lovelock della Amministrazione del Comune di Trevi e la Società Sistema Museo.
Simone Fagioli, spoletino, insegna al liceo Classico Europeo “Santa Maria degli Angeli” nel cuore antico della città, ci parlerà della “Retorica” di Aristotele, la quale si propone come strumento in grado di salvare e guarire una società in stato di abbandono etico-culturale. Insomma possiamo dire come ai nostri giorni.
Infine l’autore del testo , parlerà di come viene utilizzato il termine “filosofia” che nel linguaggio comune viene usato quasi sempre in senso spregiativo, pensando a espressioni come “Smettila di filosofeggiare” in riferimento ad una persona che sta facendo un discorso troppo ideale e poco pratico; oppure “Prendila con filosofia” per invitare una persona a superare un momento negativo con una certa leggerezza la, mentre la filosofia era caratterizzata da una dimensione fortemente comunitaria e veniva praticata in spazi pubblici insieme alle persone; è nota, per esempio, la figura di Socrate che interroga i suoi concittadini attorno alle questioni più salienti dell’esistenza di un uomo lungo le strade di Atene e nell’agorà. Nella Scuola peripatetica fondata da Aristotele, per fare un altro esempio, gli allievi avevano l’abitudine di discutere insieme ai loro maestri in giardino passeggiando. La filosofia, dunque, è nata non per essere insegnata ma per essere praticata: il pensiero filosofico greco è scaturito e si è nutrito costantemente del dialogo e dell’incontro tra persone mosse dal desiderio di discutere di democrazia, leggi, origine delle cose, bene e male e bello. Tutto questo ci viene spiegato con stile confidenziale da Simone Fagioli, partendo dal bel libro di recente pubblicazione.

IL NUOVO ROMANZO DI FABIO BUSSOTTI L'AMICO DI KEATS

Trevi e 08/02/2020
Sabato 15 febbraio 2020, ore 17, nella Sala dello Spagna del Museo di Trevi, prende il via “Libri al Museo”, edizione 2020. Verrà presentato il nuovo romanzo di Fabio Bussotti, L’amico di Keats, edito da Mincione, Roma. Introdurrà Carlo Roberto Petrini, Storico dell’Arte, Museo di Trevi, al quale si deve l’iniziativa di Libri al Museo, in collaborazione con l’Assessorato del Comune di Trevi e la Società Sistema Museo. Una serie di incontri con romanzieri, storici dell’arte e filosofi che presenteranno le loro opere.
Fabio Bussotti, trevano, ora residente a Roma, attore, drammaturgo, sceneggiatore e traduttore, con il nuovo romanzo, il sesto della serie del commissario Bertone, racconta l'ultima avventura del commissario Flavio Bertone.
Una sera di febbraio del 1821 muore a Roma, tra le braccia dell’amico Severn, il poeta John Keats. Sempre a Roma, una mattina di settembre del 2018, muore, travolto da un tram, un ragazzo di 17 anni che conosceva il segreto che Keats aveva svelato a Severn poco prima di morire.
Il commissario Bertone si lascia coinvolgere in una storia di forti passioni, di segreti inconfessabili, di poesie d’amore senza tempo e di spietati boss del narcotraffico che, grazie alla protezione di funzionari corrotti, scorrazzano indisturbati per tutta Europa.
L’amico di Keats è il sesto romanzo della serie del commissario Bertone, dopo L’invidia di Velázquez (Sironi 2008), Il cameriere di Borges, tradotto in spagnolo, Le lacrime di Borromini, Al cuore di Beckett e San Francesco a Central Park per i tipi di Editions Mincione.
Il curatore

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